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Osteopata: Formazione e Carriera

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Se sei interessato a diventare osteopata, o questa professione ti incuriosisce, scoprirai che offre opportunità concrete per la tua carriera lavorativa. Pur essendo una professione in ambito medico, non è necessaria la laurea per iniziare la formazione.

Cos’è l’osteopatia

L’osteopatia è un approccio olistico alla medicina che si concentra sul sistema muscolo-scheletrico. Si basa sulla teoria che l’allineamento strutturale, la mobilità e la funzione del corpo sono interdipendenti e si influenzano a vicenda.

La pratica dell’osteopatia si concentra sul trattamento del dolore e di altri sintomi attraverso la manipolazione manuale della colonna vertebrale e delle articolazioni.

La cosa importante è che l’osteopatia tratta il corpo nel suo complesso, non solo i sintomi o la malattia.

Nella pratica si combinano diverse tecniche osteopatiche come la manipolazione della colonna vertebrale, il massaggio dei tessuti molli e la tecnica dell’energia muscolare in un unico piano di trattamento per affrontare problemi come la gestione del dolore o la riabilitazione delle lesioni.

Cosa fa l’osteopata?

L’osteopata è il professionista che si occupa di eseguire i trattamenti osteopatici. Nella sua professione utilizza una serie di tecniche per diagnosticare e trattare i pazienti con problemi muscolo-scheletrici.

Queste includono la palpazione (usando le mani per localizzare le aree di restrizione nei muscoli o nei tessuti molli), le tecniche ad energia muscolare MET (usando una pressione delicata per allungare i muscoli), la mobilizzazione articolare o osteopatia strutturale (manipolando le articolazioni) e l’osteopatia craniale (manipolando il cranio).

Dal lato pratico, gli osteopati possono risolvere molti problemi legati al sistema muscolo-scheletrico, tra cui dolori al collo, alla schiena, alle spalle, lesioni sportive, sindrome del tunnel carpale, mal di testa, sciatica, lesioni da colpo di frusta e lesioni da sforzo ripetitivo e molto altro.

Tutti questi disturbi sono in continuo aumento nella popolazione mondiale, e sono dovuti a una moltitudine di cause, per esempio una postura scorretta, scarsa attività fisica, stress cronico, tensioni e contratture. Un bravo osteopata si occupa di curare questi disturbi andando alla radice della loro causa e svolgendo un ruolo importante nella prevenzione.

Per approfondire le fasi del trattamento osteopatico leggi la nostra guida.

Osteopatia umana

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L’osteopatia umana è rivolta a trattare una serie di disturbi generali che colpiscono la maggior parte della popolazione. Eppure è possibile dedicarsi a categorie specifiche, lavorando con determinate tipologie di persone che necessitano di cure e attenzioni particolari.

Questa distinzione può creare ulteriori opportunità di carriera nel momento in cui si seguono le passioni e gli interessi personali, o si sfruttano studi e esperienze di lavoro già fatte, o ancora si identificano strutture con cui collaborare già presenti nel proprio territorio.

Osteopatia prenatale

Il corpo cambia radicalmente durante la gravidanza, sia all’interno che all’esterno, quindi è importante assicurarsi che tutto funzioni al meglio durante questo periodo.

Gli osteopati prenatali sono specializzati nell’aiutare le donne incinte a portare a termine la gravidanza alleviando i disturbi che possono conseguirne.

I loro trattamenti si concentrano sulla preparazione al travaglio e al parto, migliorando la postura, riducendo eventuali dolori, trattando eventuali lesioni esistenti e prevenendone di nuove. L’osteopatia prenatale lavora anche con le future mamme che hanno avuto precedenti complicazioni durante la gravidanza o il travaglio, come un parto cesareo o una disfunzione del pavimento pelvico.

Osteopatia pediatrica

L’osteopata che lavora con neonati e bambini collabora con la famiglia del bambino per valutarne i progressi e per elaborare un piano che lo aiuti a raggiungere le tappe fondamentali dello sviluppo.

Gli osteopati che lavorano con i neonati e i bambini vedono pazienti a partire dai 3 mesi di vita e fino ai 2 o 3 anni.

Quando lavora con i neonati, l’osteopata può notare i segni di un ritardo nello sviluppo, come quando un bambino non tiene la testa alta o non inizia a gattonare entro una certa età. Quando lavora con bambini più grandi, l’osteopata può trovare segni di scoliosi o curvatura della colonna vertebrale, che potrebbero indicare che il bambino ha una postura scorretta.

Un osteopata può anche aiutare a risolvere problemi di allattamento, coliche e reflusso, problemi del sonno, dentizione e altro ancora.

Osteopatia nello sport

Cosa fa un osteopata che lavora con gli atleti? Un osteopata che lavora in ambito sportivo può aiutare gli atleti a recuperare più velocemente dagli infortuni, ad aumentare il loro range di movimento e a migliorare la loro salute generale e le loro prestazioni. Può anche aiutare gli atleti a prevenire infortuni futuri, fornendo loro indicazioni su come mantenere una buona postura e rafforzare le aree deboli.

Osteopatia dell’età avanzata

Gli osteopati che lavorano con gli anziani si concentrano sui trattamenti per aiutare gli anziani a mantenere la loro mobilità e indipendenza durante l’invecchiamento. Spesso lavorano con pazienti affetti da patologie croniche o che soffrono di dolori che possono essere correlati a determinati farmaci assunti.

Un osteopata che lavora con gli anziani può anche aiutarli a mantenere una postura e un equilibrio corretti, il che può contribuire a prevenire le cadute e a ridurre al minimo il dolore causato da lesioni già esistenti.

Che differenza c’è tra un osteopata e fisioterapista?

Gli osteopati e i fisioterapisti possono risolvere molti problemi simili, ma queste professioni presentano alcune differenze fondamentali.

Gli osteopati hanno conseguito un diploma in osteopatia con formazione specifica per la diagnosi e nel trattamento dei disturbi muscolo-scheletrici. Si concentrano sul trattamento del dolore e sulla cura e prevenzione delle lesioni in persone di tutte le età. Per lavorare, l’osteopata usa esclusivamente le mani e non si serve di macchinari.

I fisioterapisti hanno conseguito una laurea triennale in fisioterapia, e svolgono trattamenti che aiutano a migliorare la mobilità e ad alleviare il dolore causato da sforzi muscolari o lesioni articolari. Anche i fisioterapisti hanno una formazione in medicina muscolo-scheletrica, ma si concentrano sulla riabilitazione piuttosto che sulla diagnosi. Aiutano i pazienti a recuperare da lesioni o interventi chirurgici utilizzando tecniche come il massaggio, la terapia del calore, magneto terapia e esercizi di stretching.

Osteopata e fisioterapista spesso collaborano negli stessi centri medici per trovare le soluzioni migliori e definitive ai disturbi del paziente.

Come diventare Osteopata?

Diploma in osteopatia a Roma

Cosa si studia per diventare osteopata? E’ possibile diventare osteopata senza laurea? Per rispondere a queste domande frequenti occorre fare una precisazione.

L’OMS stabilisce le linee guida e i requisiti per diventare osteopata in base al proprio livello di istruzione e suddivide il percorso formativo in Type 1 e Type 2.

Osteopatia Type 1, dedicato a chi non ha istruzione universitaria in ambito sanitario. Questo iter è aperto a diplomati alle superiori o laureati in materie non sanitarie, inoltre è aperto a terapisti della riabilitazione e altri operatori socio sanitari che abbiano conseguito un titolo professionale regionale.

Osteopatia Type 2, dedicato a chi è già formato in ambito medico con lauree triennali sanitarie, oppure a medici, chirurghi e odontoiatri.

Perciò chi non ha mai intrapreso un corso di studi sanitario può diventare osteopata senza laurea iniziando il percorso di tipo 1.

Chi ha già studiato in ambito medico sarà facilitato nel percorso di Tipo 2, inoltre se esercita già una professione sanitaria può migliorare la sua carriera grazie alla specializzazione in osteopatia.

Il corso di osteopatia dura 5 anni, full time per il Type 1 e part time per il Type 2.

Per conoscere nel dettaglio i corsi per osteopata a Roma di Educam clicca qui.

Opportunità di lavoro per un osteopata

Certamente ti starai chiedendo se vale la pena intraprendere un percorso di studi in osteopatia. Cinque anni di studi non sono pochi, ma il diploma in osteopatia può offrire opportunità eccellenti.

La buona notizia è che l’osteopatia è una disciplina in ascesa, non solo nella richiesta di corsi e percorsi professionali, ma soprattutto nella domanda di trattamenti e servizi da parte dei pazienti.

Un osteopata professionista può costruire una carriera di tutto rispetto e organizzare la sua attività in modo indipendente o in collaborazione con altri professionisti.

Un osteopata può aprire uno studio privato e organizzarsi con altri colleghi per ricevere i pazienti su appuntamento, oppure può anche esercitare la professione a domicilio, soluzione efficace per chi inizia e non ha grossi capitali da investire.

Oltre a questo, ci sono molte opportunità nella collaborazione con centri medici, fisioterapici, studi odontoiatrici, case di cura e cliniche private che cercano specialisti in osteopatia per ampliare la gamma dei loro servizi e quindi offrire più soluzioni ai propri pazienti.

Infine, consideriamo il settore sportivo, sempre più in ascesa, che necessita di osteopati esperti per supportare gli atleti di ogni età nel loro percorso formativo, nella prevenzione dei disturbi a carico dell’apparato muscolo scheletrico e nel recupero dopo un infortunio.

Se ti stai affacciando al mondo del lavoro, oppure già lavori in ambito medico scientifico ma non sei soddisfatto della tua carriera, la professione di osteopata può dare una svolta alla tua situazione professionale ed economica.

Conclusioni

Quella dell’osteopata è una professione in ascesa che assicura sbocchi professionali e opportunità di carriera.

I corsi per osteopata sono necessari a ottenere le nozioni teoriche e la pratica necessaria a iniziare la professione.

In base al proprio livello di studi, la professione di osteopata è adatta sia ai diplomati o laureati in tutte le discipline che si affacciano per la prima volta a questo settore, sia a laureati e specializzati in varie branche della medicina che vogliono ampliare le proprie conoscenze e aumentare le opportunità lavorative.

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Massaggio Svedese

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Il Massaggio Svedese. Hai mai sentito parlare di questo massaggio? Sai di cosa si tratta ?

Considerato la base della pratica del massaggio in occidente, è probabilmente il primo metodo a raccoglie le varie tecniche di massaggio, usate per alleviare dolori fisici e rilassare il corpo attraverso l’applicazione di oli sulla pelle, raggiungendo così l’equilibrio psico-fisico tale da garantire benessere e salute.

Il Massaggio Svedese è una pratica che comprende manovre manuali e mobilizzazioni articolari, unite all’esercizio fisico e alla balneoterapia.

massaggio svedese

Il Massaggio Svedese: la storia

Il massaggio nasce con l’uomo ed è praticato fin dall’antichità.

I primi riferimenti, risalenti al 2698 a.C., contenuti in alcuni testi della Cina, come il “Kong Fu”, descrivono vati tipi di massaggio e di esercizio fisico.

Altri cenni al massaggio in testi di medicina indiana, invece, risalgono a 2000 anni dopo.

Tali conoscenze giunsero in Mesopotamia e in Egitto, dove il massaggio era considerato un arte sacra, una pratica religiosa.

Con le con conquiste di Carlo Magno, il massaggio si diffuse anche in Grecia. Infatti, Ippocrate, considerato il padre della medicina, parlò ampiamente delle virtù terapeutiche del massaggio. Lo definiva ” anatrapsis” , avendo capito che il massaggio corretto doveva comprendere manovre che portassero verso l’alto, in direzione della linfa e del sangue, verso il cuore.

Furono proprio i Greci a sviluppare il massaggio sportivo, legato ai giochi olimpici, e il massaggio terapeutico.

Anche in epoca romana il massaggio era praticato all’interno delle terme, soprattutto come cura del corpo. Il medico Galeno, infatti, consigliava i benefici di questa arte anche ai gladiatori.

Il culto del massaggio sembra svanire durante il Medioevo perchè considerato peccaminoso. Veniva riscoperto solo in epoca rinascimentale.

Dal 1500 riprese l’interesse per il massaggio a livello medico e grazie agli studi di anatomia e fisiologia nelle terapie fisiche, furono pubblicati differenti saggi, dando inizio alla fase moderna del massaggio terapeutico.

Nel 1800, il medico e fisioterapista svedese, Pehr Henrik Ling, creò la ginnastica svedese, un unico metodo che comprendeva una parte pedagogica, una medica, una militare ed una parte estetica, riuscendo così a sistematizzare le varie tecniche di massaggio.

Da questo momento il massaggio svedese venne definito anche classico base e trovò ampio sviluppo come trattamento medico per tutto il XIX secolo.

Il Massaggio Svedese: le principali tecniche

Il Massaggio Svedese tratta tutte le parti del corpo , attraverso l’alternanza di 5 manovre base, sulle quali si sviluppano tutte le tipologie di massaggio.

Pehr Henrik Ling ha elencato e descritto ampiamente queste manovre. Inoltre erano unite e applicate anche a delle tecniche di stretching passivo e di mobilizzazione articolare.

  • lo sfioramento: è una manovra eseguita all’inizio e alla fine del trattamento. Serve come presa di contatto e per conoscere il corpo della persona, preparandolo al massaggio. Attraverso movimenti ampi e lenti, pressioni leggere, un ritmo continuo, l’operatore inizia ad applicare oli, unguenti e aromi essenziali, scivolando con tutto il palmo della mano sulla pelle dell’assistito.
  • la frizione : è la manovra che segue lo sfioramento. E’ caratterizzata dallo scivolamento delle mani con una pressione profonda sulla cute, che fa scorrere questa sui tessuti sottostanti. Il ritmo è costante e armonioso proprio per rendere i muscoli più elastici e migliorare la circolazione. La manovra può essere eseguita con il palmo della mano, con i polpastrelli, solo con l’eminenza tenar e ipotenar o con le nocche.
  • l’impastamento : è la manovra più complessa che va praticata solo sulle zone corporee dotate di massa muscolare. Ad un ritmo costante, può essere superficiale o profondo. Può essere applicata con tutta la mano o con i pollici su un piano di contropressione, creato dalle altre dita della stessa mano. Serve a migliorare l’ossigenazione dei tessuti ed eliminare tossine e cataboliti.
  • la percussione : è una manovra dal ritmo variabile che si applica solo su alcune parti del corpo. Consiste in una serie di piccoli colpi rapidi con i polpastrelli, con il palmo della mano a coppetta, con la mano a taglio o a pugno chiuso. Serve per favorire la vasodilatazione e una migliore tonicità del muscolo.
  • la vibrazione : è la manovra utilizzata con lo scopo principale di rilassare i muscoli, premendo la superficie cutanea, trattata in precedenza, con tutta la mano, facendola oscillare rapidamente e dando uno stimolo reagente somatico.

Il Massaggio Svedese: benefici ed effetti indesiderati

Il Massaggio Svedese ha numerosi effetti rilassanti, tonificanti, drenanti e decontratturanti.

Migliora la circolazione sanguigna, stimola e aiuta la circolazione linfatica, rende la pelle più morbida e luminosa ( con effetti termici, neurologici e riflessogeni ), migliora la digestione e la respirazione, potenzia il sistema immunitario e il flusso di ossigeno nei tessuti, elimina stress e affaticamento, favorisce il drenaggio dei liquidi in eccesso, ha effetti decontratturanti e rilassanti.

Anche se il Massaggio Svedese non ha particolari controindicazioni, è opportuno evitare il trattamento in caso di febbre, fratture, ferite aperte, malattie contagiose, flebopatie, necrosi, insufficienza cardiaca, edemi e gravidanza.

Tuttavia possono presentarsi dei disturbi transitori, subito dopo il trattamento, come un indolenzimento muscolare generale, un calo di pressione, un eccessiva stanchezza.

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Lesioni Muscolari Nello Sport

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Lesioni Muscolari Nello Sport, sai quali sono le principali algie di un atleta?

In ambito sportivo avvengono spesso infortuni muscolari e varie lesioni . Questo perché il muscolo è soggetto a sforzi intensi e in modo prolungato.

Le cause dell’infortunio nell’atleta vanno rintracciate in una preparazione fisica non adeguata o non progressiva, nello scarso riscaldamento specifico, nel sovvertimento dei tempi di recupero e di riposo, in una predisposizione o fragilità personale , nelle problematiche metaboliche o nella predisposizione genetica.

In questo breve articolo tratteremo le lesioni muscolari nello sport più comuni:

la contrattura, lo strappo, lo stiramento.

lesione muscolare

Lesioni Muscolari Nello Sport: La Contrattura

Tra le lesioni muscolari nello sport, la contrattura consiste nella contrazione improvvisa e involontaria di un muscolo.

E’ forse la lesione muscolare meno grave.

L’anomalo accorciamento rende il muscolo particolarmente resistente allo stiramento passivo. E’ infatti un meccanismo di difesa per rispondere ad un carico eccessivo che sollecita il muscolo, oltre il suo fisiologico limite di stress.

– cosa accade nella contrattura

Nella contrattura aumenta il tono e il volume del muscolo che si presenta rigido e accorciato.

Non c’è alcuna lesione delle fibre muscolari, ma anche alla palpazione la lesione deve interessare almeno il 70% dell’intero ventre muscolare e devono essere presenti dei punti dolorosi.

I muscoli generalmente più colpiti da una contrattura sono il trapezio, il retto femorale, il gastrocnemio, gli ischio-crurali, gli adduttori piuttosto che il gran dorsale o il quadrato dei lombi.

– come si manifesta una contrattura

La contrattura si presenta con un dolore modesto e diffuso che spesso compare durante l’attività fisica. Seguono la mancanza di elasticità, tensione, limitazione al movimento, formicolii diffusi e incapacità a mantenere a lungo una stessa posizione.

Anche se ben tollerata, si consiglia di interrompere la regolare attività sportiva fino alla completa guarigione, per evitare complicazioni più gravi.

– le cause che portano alla contrattura

Questa lesione muscolare può essere causata da traumi diretti, movimenti bruschi e improvvisi, debolezza e mancanza di coordinazione, squilibri posturali , sforzi muscolari ripetitivi e usuranti, problematiche articolari croniche ( come artrosi o dismetria degli arti ) , alimentazione scorretta, stress emotivi ( come l’ansia ), stress climatici e ambientali ( esposizione al freddo ), stanchezza, inadeguata respirazione, sovrappeso, gravidanza, disidratazione e carenza di magnesio, potassio, calcio e sali minerali, disturbi circolatori e metabolici ( che non permettono il giusto rifornimento di ossigeno e glucosio al muscolo ), patologie neurologiche e mialgie ( Parkinson, epilessia, fibromialgia, sclerosi multipla ).

– contrattura o crampo?

La contrattura può essere confusa con il crampo muscolare che è comunque una contrazione muscolare spasmodica e dolorosa spesso più violenta, causata da squilibri idro-salini, stanchezza o contusioni.

I tempi di recupero della contrattura sono molto più lunghi di quelli di un crampo.

– tempi di recupero e consigli per la contrattura

La contrattura generalmente guarisce con il riposo dopo 5-7 giorni.

E’ consigliato lo stretching e un opportuna riabilitazione.

Applicare impacchi caldi o fanghi per sciogliere le fibre muscolari e apportare maggior sangue alla zona, ( ghiaccio subito dopo l’infortunio per ridurre la sensazione dolorosa ).

Utilizzare pomate a base di arnica o artiglio del diavolo.

Mantenere una costante idratazione e aumentare l’assunzione di alimenti e integratori ricchi di sostanze antiinfiammatorie ( come omega 3 e antiossidanti, vitamine e minerali, no alcol ).

Oltre al massaggio decontratturante, in particolar modo per le contratture delle fasce profonde o dei muscoli più interni, si può utilizzare il taping somato mio fasciale, sfruttando la trazione e l’elasticità delle bende elastiche.

Se il dolore persiste, è sempre consigliato il consulto del medico per scongiurare lesioni più gravi o per intervenire con terapie farmacologiche.

Le Lesioni Muscolari Nello Sport: Lo Stiramento

Tra le lesioni muscolari nello sport, lo stiramento consiste nell’allungamento eccessivo della fibra muscolare con alterazione evidente del tono del muscolo.

Detto anche “elongazione muscolare”, è una lesione muscolare di media entità, collocata tra la semplice contrattura e il ben più grave strappo.

Ogni muscolo possiede i fusi neuro-muscolari, particolari recettori che trasmettono informazioni, circa la velocità e l’entità dello stiramento, al sistema nervoso centrale, che attuerà una risposta allo stimolo.

Se il muscolo si allunga eccessivamente, anche i fusi, posti in parallelo con le fibre muscolari, si stirano, producendo il riflesso da stiramento che causa un improvvisa contrazione muscolare alla quale si associa il rilassamento dei muscoli antagonisti.

In particolari condizioni di affaticamento, questo sistema risulta insufficiente e porta l’atleta alla lesione muscolare da stiramento.

– come si manifesta lo stiramento

Nello stiramento muscolare si avverte un dolore acuto ed improvviso che porta in spasmo il muscolo.

Il dolore è più circoscritto. Ci possono essere anche dei versamenti di sangue e talvolta il dolore è sopportabile, tanto da non impedire subito il proseguimento dell’attività.

Si consiglia, tuttavia, di fermarsi anche se il dolore è lieve, per evitare la degenerazione in strappo muscolare.

– le cause che portano allo stiramento

Le cause che possono portare allo stiramento muscolare sono le stesse che portano alla contrattura, ma con effetti più compromettenti:

la mancanza di riscaldamento e una preparazione fisica inadeguata, movimenti violenti, microtraumi ripetuti, condizioni climatiche avverse, abbigliamento e calzature non adatti, recupero insufficiente, squilibri posturali, muscolari e articolari.

– tempi di recupero e consigli per lo stiramento

La durata media per il recupero di una lesione di stiramento è di circa 15-20 giorni, evitando il rischio di recidive.

Si consiglia l’utilizzo del protocollo R.I.C.E. ovvero riposo o immobilizzazione, applicazione di ghiaccio, bendaggio compressivo ( per ridurre le emorragie ) ed elevazione dell’arto.

Il ritorno all’allenamento sarà graduale con particolare attenzione alla fase di riscaldamento, anche se la pratica dello stretching può essere anche pericoloso, se non si è seguiti da personale specializzato.

Nella fase acuta, è sconsigliato praticare il massaggio nella sede della lesione.

E’ opportuna la visita di uno specialista che può richiedere indagini strumentali diagnostiche e introdurre farmaci antinfiammatori e miorilassanti.

Le Lesioni Muscolari Nello Sport: Lo Strappo

Tra le lesioni muscolari nello sport, lo strappo consiste nella rottura di alcune o di tutte le fibre muscolari oppure la rottura del connettivo che compone il muscolo.

E’ la lesione muscolare più seria e grave e secondo una classificazione standard, lo strappo può essere di tre gradi.

– classificazione dello strappo

I grado, moderato, distrazione muscolare.

Le fibre danneggiate sono poche ( inferiori al 5% ). Dolore immediato. Permette di proseguire l’attività. Leggero fastidio alla contrazione e allungamento. Nessuna perdita importante di forza o particolari limitazioni nel movimento.

Guarisce da solo nel giro di 2-3 settimane.

Si consiglia una visita specialistica.

II grado, grave .

Le fibre danneggiate sono maggiori ( tra il 5 e il 50 %). Il dolore è percepito come molto forte, acuto, pungente in seguito ad una violenta contrazione muscolare. Qualsiasi attività sportiva può essere continuata, ma con un aggravamento progressivo dei sintomi e della lesione stessa. Si possono manifestare tumefazioni ed ecchimosi.

Il trattamento riabilitativo è necessario per riportare il muscolo alle normali condizioni.

III grado, gravissimo

Avviene la lacerazione completa o semi completa del ventre muscolare ( almeno 3/4 delle fibre oppure fibre danneggiate oltre il 50 %) che impedisce il proseguimento di qualsiasi attività sportiva, per impotenza funzionale.

Il dolore è violentissimo e si presenta anche edema e gonfiore.

Anche alla palpazione è percepibile un avvallamento nella sede della lesione.

Necessita un attento percorso medico e riabilitativo per limitare i danni perché non sempre è possibile un recupero completo.

– le cause che portano allo strappo

Lo strappo è generalmente causato da un’ eccessiva sollecitazione, come brusche contrazioni o scatti improvvisi, ed è piuttosto frequente soprattutto negli sport che richiedono un movimento muscolare esplosivo come sollevamento pesi, baseball, calcio, gare di sprint e di salto.

Lo strappo muscolare alla coscia interessa più frequentemente il bicipite femorale o il quadricipite femorale.

Quello al tricipite della sura si localizza, in genere, nella parte bassa, vicino alla caviglia e interessa maggiormente gli atleti più “anziani”. Questo, di solito, avviene dopo un’improvvisa accelerazione.

Nello regione inguinale è abbastanza comune negli sport con molti cambi di direzione.

Lo strappo muscolare alla schiena, invece, è quasi sempre un’erronea convinzione in seguito alla percezione di una fitta nella regione lombare. In realtà, non è quasi mai così perché lo strappo muscolare alla schiena è rarissimo.

– consigli per lo strappo

In caso di strappo muscolare è sconsigliato praticare il massaggio decontratturante fino a completa guarigione

La prima cosa da fare in caso di strappo muscolare è attuare il protocollo POLICE: Protection (protezione) – Optimal Loading (carico ottimale ) – Ice (ghiaccio) – Compression ( compressione) – Elevation (elevazione).

Ci affidiamo, infine, all’acronimo HARM: Heat (calore) – Alcool – Running ( corsa ) – Massage, per comprendere quanto sia fondamentale evitare alcune cose che potrebbero ostacolare la riparazione dei tessuti della zona in lesione.

Lesioni Muscolari Nello Sport: prevenire è meglio che curare!

Prima dell’attività sportiva, di una prestazione fisica o di qualsiasi sforzo eccessivo è sempre meglio sottoporre l’atleta ad un riscaldamento completo e ad uno stretching specifico per elasticizzare tendini e muscoli, un valido aiuto per la prevenzione delle lesioni muscolari nello sport.

E’ importante ricordare di allenarsi solo quando ci si sente nella condizione di farlo, di rispettare sempre i tempi di riposo e di recupero, di utilizzare un abbigliamento tecnico adeguato alle condizioni climatiche.

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Il reflusso gastroesofageo e l’osteopatia

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La malattia da reflusso gastroesofageo consiste nella risalita di cibo, liquidi e succhi gastrici dallo stomaco all’esofago. L’esofago presenta una mucosa differente da quella dello stomaco e pertanto non è adatto a contenere sostanze fortemente acide, questo provoca irritazione, bruciore allo stomaco e allo sterno. 

Il GERD (malattia da reflusso gastro esofageo) è maggiormente frequente in occidente, e si stima che in media sia presente come condizione cronica in circa il 20/25% della popolazione mondiale.

Reflusso gastroesofageo

Breve cenno di anatomia e fisiologia

L’esofago è un tubo fibromuscolare che si estende dalla bocca fino allo stomaco.

Alla sua estremità inferiore troviamo il cardias, una valvola che permette l’ingresso del cibo ma evita la risalita dei succhi prodotti dallo stomaco (fortemente acidi).

Nella porzione inferiore dello stomaco troviamo il piloro, un’altra valvola che congiunge lo stomaco al duodeno, il primo tratto dell’intestino.

La parete dello stomaco è rivestita da un epitelio capace di sopportare un ambiente fortemente acido, cosa che invece non è presente all’interno dell’esofago, motivo per cui, si ha la sensazione di bruciore nel reflusso.

Sintomi associati al reflusso

Associati ai comuni sintomi il GERD può provocare tosse cronica, mal di gola, voce roca, eruttazioni, singhiozzo, alito cattivo. 

Inoltre creando tensione all’esofago si può instaurare una condizione di limitazione di movimenti del tratto cervicale e dolore allo stesso.

Sintomi meno comuni ma comunque possibili sono l’insorgenza di otiti, di cefalee, di broncospasmo e eventuali danni ai denti causati dall’acidità del contenuto gastrico.

Associati ai comuni sintomi il GERD può provocare tosse cronica, mal di gola, voce roca, eruttazioni, singhiozzo, alito cattivo. 

Inoltre creando tensione all’esofago si può instaurare una condizione di limitazione di movimenti del tratto cervicale e dolore allo stesso.

Sintomi meno comuni ma comunque possibili sono l’insorgenza di otiti, di cefalee, di broncospasmo e eventuali danni ai denti causati dall’acidità del contenuto gastrico.

Le terapie comuni per il reflusso

La diagnosi accurata e a carico del gastroenterologo, che provvederà per una terapia specifica

La terapia principale e più immediata è intervenire sul proprio stile di vita, effettuare cambiamenti nella dieta, diminuire il peso corporeo ed eliminare il fumo sono i primi passi, come suggerito dall’ALMA onlus.

Il paziente deve sapere che è importante evitare caffè, cibi grassi o piccanti, alcool, pomodori, agrumi. I pasti devono avere porzioni più ridotte e non devono essere consumati immediatamente prima di andare a dormire.

I pazienti affetti da GERD trovano beneficio a dormire con la testa sollevata, in modo da agire tramite la gravità sulla risalita dei succhi gastrici.

Perchè funzionano i farmaci

I farmaci comunemente usati, gli IPP, agiscono sulle cellule parietali gastriche che producono acido cloridrico in modo da creare un effetto di protezione della mucosa gastrica. La loro azione può durare dalle 18 alle 24 ore, e spesso sono associati all’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei.

Gli effetti indesiderati dei farmaci

I farmaci IPP sono generalmente sicuri, ma come ogni altro farmaco può presentare effetti indesiderati soprattutto in caso di uso prolungato.

Gli effetti collaterali nel breve termine includono
– Cefalea
– Diarrea
– Rush cutaneo
– Reazioni anafilattiche

Nel lungo termine gli IPP possono causare effetti più severi, come la carenza da mal assorbimento di vitamina B12, magnesio e calcio. Inoltre alterando il PH interno allo stomaco possono rendere un terreno di facile sviluppo di batteri intestinali (Helicobacter Pylori Clostridium Difficile)

L’approccio osteopatico al reflusso gastroesofageo

L’osteopata può essere un valido alleato nella gestione dei sintomi del GERD.

Tramite l’applicazione di tecniche manipolative dolci e non invasive, l’osteopata può fornire al paziente il giusto supporto necessario per migliorare la qualità della vita.

Oltre ad una attenta analisi del percorso gastro esofageo il vostro osteopata farà caso a tutto ciò che può essere un fattore negativo per l’instaurarsi della condizione patologica:

  • Postura
  • Problematiche intestinali
  • Disfunzioni cervicali
  • Disfunzioni dorsali
  • Errata respirazione.

L’osteopata non lavora mai per protocolli, ma applica un piano terapeutico specifico per ogni singola persona, tenendo in considerazione non solo la patologia ma anche molti altri fattori.

Perciò due persone affette dalla stessa condizione patologica riceveranno due trattamenti diversi in base alla problematica scatenante e al passato anamnestico.

Generalmente le ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone affette da GERD reagiscono positivamente a tecniche manipolative osteopatiche sul diaframma, sullo sfintere gastro esofageo (la valvola di giunzione tra stomaco ed esofago), sul tratto cervicale e sulla gabbia toracica.

I benefici sono presenti già dal primo trattamento, ma si è visto che con 3-4 visite osteopatiche i benefici erano molto più evidenti e più stabili.

Le controindicazioni dell’osteopatia

Il fattore più importante di valutare un approccio osteopatico è l’assenza di controindicazioni, a patto di affidarsi ad un osteopata esperto permette al paziente di stare tranquillo riguardo eventuali problematiche scaturite dalle manipolazioni.

Gli studi scientifici effettuati non documentano in nessun caso un peggioramento sintomatologico, tuttavia sono presenti casi in cui la situazione è rimasta totalmente invariata.

Quindi cosa fare se si soffre di reflusso?

Se sono presenti i sintomi del reflusso gastroesofageo, la prima cosa da fare è una visita dal gastroenterologo per capire se ci sono dei deficit strutturali di stomaco ed esofago (cardias ipocontinente, ernia iatale).

In seconda istanza è importante cambiare stile di vita e potrebbe essere utile apprendere come alimentarsi meglio tramite una visita dal nutrizionista.
Il nutrizionista non toglie da mangiare, ma insegna a mangiare meglio!

Infine rivolgersi ad un osteopata, che provvederà a ridurre al minimo le risposte irritative e infiammatorie.

Per imparare ad essere un osteopata di successo, segui il percorso EDUCAM:

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La Cellulite. Stop all’Inestetismo!

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La cellulite. Non è solo un difetto fisico passeggero, ma uno degli inestetismi più comuni e diffusi del nostro tempo. Tutti ne parlano, ma pochi ne conoscono le reali caratteristiche, le probabili cause scatenanti e gli eventuali accorgimenti che possono attenuarla e prevenire.

Scegliamo, in questo articolo, di dedicarle la giusta attenzione.

La Cellulite. Di cosa si tratta?

La cellulite, da cellula+ -ite, è l’infiammazione del tessuto connettivo interstiziale o periviscerale. E’ un inestetismo del tessuto connettivo, caratterizzato da una flogosi del derma e del tessuto sottocutaneo della pelle.

E’ definita più correttamente “Pannicolopatia Edemato-Fibro-Sclerotica” (o PEFS), proprio perchè in una determinata condizione alterata del tessuto sottocutaneo, questo ultimo si riempie di cellule adipose, cioè grasso.

La cellulite “estetica” si manifesta appena sotto la pelle, attraverso la tipica ipertrofia degli adipociti, che si accumulano negli spazi intercellulari, insieme ai liquidi in eccesso, ricavati da tutti i processi metabolici del nostro organismo.

La cellulite può dipendere da diversi fattori, come una predisposizione genetica o lo stile di vita, ma può anche essere a base infettiva, cioè determinata da batteri come lo stafilococco, lo streptococco, il colibacillo, il gonococco ecc. Si riconducono, tuttavia, anche cause di tipo traumatiche, cioè azioni meccaniche che agiscono ripetutamente su uno stesso segmento o area corporea.

La cellulite non è, quindi, solo un inestetismo perchè compromette la micro-circolazione, creando un rallentamento del flusso sanguigno e un sempre maggiore ristagno dei liquidi nei tessuti.

Il Pannicolo Adiposo è fisiologico!

Il pannicolo adiposo è lo strato del tessuto connettivo, più o meno ricco di adipe, che connette la pelle, per tutta l’estensione della sua faccia profonda, con gli organi sottocutanei. E’ detto anche tessuto cellulare sottocutaneo, tela sottocutanea o ipoderma.

E’ costituito da due strati connettivi: uno superficiale, aderente alla faccia profonda della pelle, e uno profondo, sovrapposto alla sottostante aponeurosi. Tratti connettivi verticali ed obliqui uniscono tra loro queste due lamine, creando un sistema di logge nel quale si accoglie il tessuto adiposo, che ha la funzione metabolica e di termoregolazione, oltre che di contenimento di vasi e nervi.

Il foglietto superficiale è intimamente unito al derma, mentre quello profondo è separato dall’aponeurosi da uno strato di connettivo lasso. Tale struttura permette lo scorrimento della cute sugli strati sottostanti, oltre a dissipare le forze meccaniche compressive provenienti dall’esterno e oltre a trasmettere le percezioni tattili e sensoriali.

Lo spessore del pannicolo adiposo varia nelle diverse sedi corporee e in rapporto all’età, all’alimentazione e al ricambio cellulare.

La Cellulite. Chi è più colpito da questo inestetismo?

La cellulite, secondo recenti studi, colpisce in media più dell’90% delle donne in modo più o meno grave, indifferentemente dal sesso, dall’età e dall’etnia.

Probabilmente, è più diffusa nel sesso femminile per l’azione degli ormoni estrogeni che influenzano l’aumento e l’accumulo del tessuto adiposo.

Questo inestetismo va concentrandosi così, soprattutto, sugli arti inferiori, sui fianchi e l’addome, sulle braccia e sulle caviglie.

Cellulite vs Lipomatosi

Per molti, è improprio indicare con il termine Cellulite, l’aumento di adipe nel tessuto sottocutaneo a causa di turbe nel metabolismo dei grassi, che invece andrebbero più precisamente classificate sotto il gruppo delle lipomatosi.

Per lipomatosi si intende quel gruppo di distrofie adipose, caratterizzate da accumuli di grasso circoscritto, distribuiti in modo irregolare o raccolti in masse multiple, simmetriche e spesso dolorose.

Ci sono diverse forme di lipomatosi:

  • Adiposi dolorosa o Sindrome di Dercum; caratterizzata da comparsa, nel sottocutaneo del tronco e degli arti, di accumuli dolorosi di grasso, distribuiti simmetricamente. Tipica forma nelle donne nel periodo della menopausa. Determina grave astenia e disturbi psichici con malinconia.
  • Lipodistrofia progressiva o Morbo di Morgagni-Barraque-Simons; propria nelle giovani donne, ritenuta secondaria a lesioni diencefaliche. E’ tipica la scomparsa di adipe nella metà superiore del corpo, specie al viso, mentre nella metà inferiore l’adipe è normale o un pò aumentato.
  • Lipomatosi Multipla o Sindrome di Launois-Bensaude; comparsa di masse adipose enormi a disposizione simmetrica alla nuca, alle regioni parotidee, sottomascellari, sottomammarie ed addominali. Predilige il sesso maschile tra i 25 e i 30 anni.
  • Adiposità Circoscritte Segmentarie Paraplegiche; di origine nervosa legate a lesioni cerebrali.

Nelle lipomatosi, data la tendenza ad accumulare grasso, è necessario seguire una dieta particolare, prevalentemente proteica, limitando grassi e carboidrati, bevande e sali. Regolarizzare l’alvo ed eseguire esercizi ginnastici.

La Cellulite. Perchè colpisce?

La Cellulite, come anticipato, può essere causata da fattori primari, secondari e aggravanti.

Chiaramente, è significativa l’azione degli estrogeni femminili su specifici recettori cutanei, nella fase di pre-ciclo mestruale o nel periodi di gravidanza, dove può evidenziarsi la famosa “pelle a buccia d’arancia”. La cellulite, in genere, aumenta dopo la menopausa, se non accompagnata da specifiche cure ormonali.

Se non si considerano i traumi e le affezioni batteriche e sistemiche-metaboliche ( cause specifiche), sono sfavorevoli uno stile di vita sedentaria, un’ inadeguata alimentazione ( obesità o dimagrimento rapido ), lo stress, il fumo, l’alcol come le cattive abitudini posturali date da particolari tipi di lavoro che spingono ad azioni ripetute ( assumere posizioni sbagliate a lungo, overuse o passare troppo tempo in piedi ). Tuttavia, si sconsigliano vestiario stretto e attillato come scarpe strette o tacco alto.

La Cellulite Batterica

La Cellulite si sviluppa in quei casi traumatici che favoriscono l’insorgenza di un infezione, in cui i batteri possono pervenire al tessuto cellulare sia per contiguità sia per via sanguigna o linfatica da focolai anche lontani, come foruncoli, ascessi sottocutanei e carie dentarie.

Si stabilisce un essudato che riempie gli interstizi, ossia le fenditure tra i tessuti. Si può raccogliere anche in cavità, piccole o grandi, generando un ascesso. L’infiammazione però può portare anche alla necrosi e alla degenerazione del tessuto. I corpuscoli purulenti smantellano il tessuto che muore. Se l’affezione si estende oltre il tessuto offeso fino a tratti sempre maggiori, si può parlare anche di flemmone.

La cura della cellulite si basa sul riposo, con immobilizzazione della parte colpita, l’applicazione di impacchi caldo-umidi, sull’impiego di antibiotici ad ampio spettro.

La Cellulite e i suoi stadi evolutivi di crescita

La cellulite estetica si può dividere in 3 stadi di crescita evolutiva principali:

  • Stadio 1 – Edematosa ; la pelle nei punti critici come caviglie, polpacci, cosce e braccia risulta pastosa. Se pizzicata, compare un effetto bucarellato simile alla buccia d’arancia. Origina da disfunzioni ormonali (anche a causa della pillola anticoncezionale), costituzionali ed ereditarie. I vasi sanguigni, che irrorano il tessuto adiposo, perdono elasticità, causando un edema, ovvero ristagno di liquidi. L’inestetismo se non curato può peggiorare.
  • Stadio 2 – Fibrosa; stringendo la pelle tra le mani, ci si accorge di piccoli noduli e protuberanze abbastanza evidenti. Questa cellulite è dovuta a un ristagno di liquidi costante e prolungato nel tempo che crea sofferenza al tessuto adiposo, rendendo il tessuto fibroso, cioè aumenta il tessuto connettivo che indurisce quello adiposo. La pelle è, quindi, dura al tatto.
  • Stadio 3 – Sclerotica; la pelle anche se non compressa, presenta avvallamenti e protuberanze di grandi dimensioni, talvolta con tumefazioni, conferendo il tipico aspetto “a materasso”. Comprimendo le zone colpite, si percepisce dolore a causa dell’ispessimento severo degli strati sottocutanei profondi. Le cellule adipose aumentano di numero e di volume e i setti, che accolgono le cellule adipose, si irrigidiscono e tendono a ritirarsi.

Ad ogni Cellulite…il suo identikit

Esistono diverse tipologie di cellulite:

  1. Cellulite Molle o Flaccida : le zone colpite tendono spontaneamente a infiltrati mobili con la presenza di noduli che formano come dei gradini di grasso. La figura corporea è modificata, soprattutto nelle cosce e nelle braccia, anche per il solo effetto della forza di gravità. Le masse cellulitiche hanno notevoli quantità di liquido e per questo le parti sono gonfie e i contorni arrotondati. La palpazione superficiale rivela “la pelle a buccia d’arancia”, mentre con la palpazione profonda si mettono in evidenza le formazioni nodulari. Il tono muscolare è diminuito e sono presenti varicosità arteriose e venose. Rare sono le smagliature. La pelle è fredda, secca e rugosa. E’ la forma di cellulite più diffusa e colpisce in particolare soggetti obesi, ma è possibile riscontrarla in soggetti normopeso o che variano spesso di peso.
  2. Cellulite Edematosa : è una variante della cellulite molle, caratterizzata però da una notevole componente idrica. Il liquido nei tessuti ristagna in particolare nei glutei e nel bacino, dando un effetto di infarcimento dei tessuti. Cuscinetti e placche cellulitiche dure alla palpazione profonda, conferiscono un aspetto gonfio e spugnoso. Si può confondere con il classico edema di origine cardiaca.
  3. Cellulite Dura o Compatta: la pelle appare ispessita e fortemente aderente ai piani profondi. E’ poco mobile, tende l’epidermide al massimo e si presenta soda sotto le dita. Si presenta spesso di colore cianotico e solcata da smagliature profonde. Le zone cellulitiche non si lasciano comprimere in nessun modo. E’ una forma spesso dolorosa. Colpisce soggetti anche magri e il tono muscolare è tonico e ben conservato. Si accompagna a senso di affaticamento, pesantezza fino alla dolorabilità spontanea, con facilità all’ematoma.

La Cellulite e i rimedi

Per combattere la cellulite esistono degli espedienti e strategie valide che richiedono impegno e costanza.

Questi rimedi sono principalmente un alimentazione sana, moderata e bilanciata, integrazione (per esempio centella, ippocastano ), l’attività fisica regolare ( movimento aerobico dolce senza carico eccessivo sugli arti inferiori : acqua gym, nuoto, bicicletta…) , interventi di massoterapia linfodrenante e anticellulite.

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Se sei interessato ad approfondire questo argomento e desideri scoprire le manualità anticellulite e linfatiche, allora accedi subito al nostro corso di massaggio Educam !

Bibliografia:

  • appunti personali
  • Enciclopedia Motta, Federico Motta Editore 1990 Milano
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Osteopatia animale e simmetria

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Nella pratica dell’osteopatia animale, la ricerca della simmetria è uno dei primi parametri di valutazione.

Infatti, il corpo dei nostri animali si relaziona costantemente con una serie di agenti e stimoli che ne condizionano e ne influenzano la postura.
Una corretta simmetria permette un movimento fluido e armonico nello spazio, ma non solo.

osteopatia animale simmetria

Cosa influenza la simmetria?

L’animale può presentare un lato dominante rispetto all’altro, la fisiologia e la struttura stessa dell’animale possono influenzare la simmetria. Determinate attività, sport o anche semplici abitudini legate allo stile di vita possono determinare uno squilibrio della simmetria.

Attività sportive e simmetria

osteopatia animale simmetria

Come esperta in osteopatia animale, lavoro principalmente con cani sportivi, sia agonisti, che non.

La pratica di alcune discipline sportive, soprattutto quelle che impegnano il cane a lavorare e allenarsi sempre e solamente su un lato rispetto all’altro, può essere la causa di grandi squilibri della simmetria e di conseguenza della postura. Tali asimmetrie impediscono lo svolgimento del movimento fisiologico. Movimenti ripetuti nel tempo, sempre ed esclusivamente su certo piano di movimento e su uno stesso lato rispetto all’altro, possono — ad esempio — aumentare il tono muscolare di un’area e diminuirlo nell’altra con conseguente squilibrio della postura.

Lo sport è senza dubbio un toccasana dello spirito! Per questo motivo è fondamentale farlo nella maniera corretta. In sport come l’obedience o la rally obedience, in cui il cane svolge tutti gli esercizi alla sinistra del conduttore, è necessario bilanciare il lavoro con un allenamento anche sul lato destro.

Anche in altre discipline sportive, come l’agility, dove si lavora in maniera più globale sul corpo del cane, non vanno tralasciate alcune criticità che possono comunque indurre squilibri della postura. Per questo è importante, per ogni attività sportiva, seguire un piano di preparazione atletica oltre che quello di preparazione per la disciplina.

Stili di vita e simmetria

Non pensiamo solo allo sport ma anche a tutte le attività quotidiane che svolgiamo con il nostro cane.

Quando porti fuori il tuo cane per la passeggiata hai sempre il cane sul tuo lato destro o sinistro? Oppure, se hai insegnato al tuo cane qualche esercizio come il dare la zampa, lo hai fatto chiedendo sempre solo la zampa destra o quella sinistra?

Se la risposta ad almeno una di queste domande è sì, potresti, nel tempo, aver incentivato uno squilibrio della postura.

Osteopatia animale e simmetria

Come l’osteopatia animale può migliorare la simmetria?

L’osteopatia animale ricerca l’equilibrio di tutto il corpo, l’armonia e la fluidità del movimento. La presenza di asimmetrie può essere trattata con diverse tecniche manuali. Attraverso le tecniche osteopatiche si agisce sulla disfunzione che ha generato lo squilibrio per ripristinare e promuovere equilibrio e benessere.

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L’età avanzata e l’osteopatia geriatrica

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L’osteopatia è per tutte le età è una frase di grande valore.
Non dobbiamo pensare che l’età possa essere un limite ai vantaggi di un trattamento osteopatico. Infatti l’osteopata può essere d’aiuto a genitori, nonni e zii in età avanzata, migliorando la qualità di vita.

Dal neonato, all’anziano tutti possono avvalersi di un osteopata visto che non presenta effetti controindicati, sempre se tutto è svolto da professionisti ben formati.

Ma quando si diventa anziani?

Anziano è un termine di largo uso comune, ma che difficilmente ha una temporizzazione precisa, viene in nostro aiuto la “Società Italiana Geriatria e Gerontologia (SIGG)”.

Fino a pochi anni fa, era definito anziano una persona la cui età era superiore ai 65 anni, con l’aumento della vita media però sorge un concetto di anzianità più dinamico.

Gli individui che al giorno d’oggi hanno un età pari ai 65 anni, presentano una forma fisica e cognitiva maggiore rispetto ai loro genitori nella stessa età.

Pertanto ad oggi si utilizza la suddivisione in 4 sottogruppi, “giovani anziani” (persone tra i 64 e i 74 anni), anziani (75 – 84 anni), “grandi vecchi” (85 – 99 anni) e centenari.

Chi è lo specialista medico nell’età avanzata?

Il medico che si occupa delle fasce di età più avanzate è il geriatra (dal greco geron, cioè ” anziano” e iatreia, ossia “cura”). Il medico laureato ha bisogno di un iter formativo aggiuntivo in geriatria e gerontologia al fine di poter disporre di metodiche valutative e diagnostiche differenti e personalizzate.

L’obiettivo di un bravo geriatra non è portare il paziente all’uso di molteplici tipi di farmaci ma piuttosto migliorare la qualità di vita del proprio assistito.

Infatti la collaborazione tra medico e osteopata quando il paziente è in età avanzata è fondamentale per gestire al meglio le sintomatologie riferite e aumentare l’efficacia terapeutica.

La geriatria

Secondo l’enciclopedia Treccani

“Scienza che ha per oggetto lo studio dei fenomeni biologici peculiari della senescenza e della senilità (modificazioni anatomiche, funzionali, immunologiche, psicologiche, ecc.): costituisce, quindi, la base dottrinale della geriatria, che rivolge invece la sua attenzione essenzialmente alle patologie dell’età senile.”

Quali sono le problematiche più comuni in età avanzata?

I pazienti nel gruppo di età più avanzata tendono ad avere un aumento dei problemi di salute, del dolore cronico e dei disturbi dell’andatura e dell’equilibrio. 

Indubbiamente i geriatri si trovano a fronteggiare numerose situazioni patologiche, per le quali hanno necessità di intervenire a livello farmacologico, quando però con l’avanzare dell’età le problematiche si sommano comincia ad essere complicato far interagire farmaci differenti presi nel corso della giornata
Subentra quindi la problematica della polifarmacologia (o politerapia) ossia l’assunzione di numerosi farmaci nell’arco di 24 ore, esponendo le persone anziane al rischio di effetti avversi dei farmaci.
Escludendo le situazioni patologiche, le condizioni di dolore cronico muscoloscheletrico sono frequenti e possono portare a  disabilità (Chou et al., 2003).

Perché è importante intervenire con l’osteopatia?

È proprio per limitare l’uso di farmaci alle condizioni patologiche più importanti che l’osteopatia diventa un arma appropriata. Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) ha dimostrato di ridurre l’uso di farmaci nei pazienti, specialmente in quelli con dolore lombare (Andersson et al.,1999 Licciardone et al., 2003) e polmonite. (Noll 1999, 2010).

Ovviamente le tecniche scelte dall’osteopata saranno orientate al massimo beneficio con il minimo rischio. Infatti Channell et al. (2016) fanno notare come sopra ai 65 anni è difficile che si opti verso tecniche HVLA ossia le famose manipolazioni con scroscio articolare.

Non dobbiamo dimenticare l’aspetto psicologico e umano, uno dei caratteri fondamentali dell’osteopata è entrare in empatia con il paziente. Questo è ancora più importante negli anziani, che spesso non vengono adeguatamente stimolati a livello di contatto umano, sentendosi emarginati e distanti.

Capita frequentemente che sia proprio il paziente anziano a richiedere costanza nei trattamenti, quell’ora di attenzione risulta importantissima e necessaria.

Un vero professionista osteopata sa bene come adattarsi al paziente, sa come modellare le sue tecniche in modo da risultare non invasivo ma comunque efficace.

Diventa un osteopata esperto nell’età avanzata

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Aprile – Il Mese del Salice

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Dea Flora

Nel “Calendario degli Alberi” Celtico il periodo compreso tra il 15 Aprile e il 12 Maggio è dedicato al Salice.

Nello zodiaco arboreo, è il 5° albero dell’anno e racchiudeva il periodo del Calendimaggio

Con il nome di Calendimaggio, Cantar maggio o calén di maggio in tutta Europa e anche in Italia si parla di una festa stagionale che celebrava la Primavera, ricorreva intorno al primo Maggio. 

Durante la festività si onorava la dea Flora, responsabile delle fioriture.

L’albero di Salice, crescendo e moltiplicandosi lungo i corsi d’acqua, era considerato simbolo di Vita, e spesso presente durante il rituale.

“La notte del 30 aprile gruppi di giovani si recavano nei boschi e ne asportavano o interi alberi, o rami verzicanti e fioriti, e attaccavano questi alle porte o alle finestre delle ragazze come dichiarazione d’amore, o piantavano quelli davanti alla casa delle maggiori autorità del paese, o anche nelle piazze o nelle aie.

Con ciò esplicitamente intendevano recare il segno della rinnovata fecondità della Natura, che avrebbe a sua volta procurato ai singoli e alla comunità l’abbondanza e la fortuna.”

 (Paolo Toschi, Le origini del teatro italiano [1955], Bollati Boringhieri, 1976, pp. 453-454)

Il Salice e il Mito

Salix Fragilis

La parola Salice ha origine celtiche è significa “vicino l’acqua

L’albero Salice è naturalmente legato all’elemento acqua.

Nella mitologia celtica era considerato una divinità femminile e il culto del Salice era legato quindi ai cicli lunari e alla fecondità.

Nella mitologia greca per la facilità con cui i rami spezzati, ricrescono; il Salice era considerato l’albero in connessione con l’aldilà per eccellenza.

Secondo Plutarco, sul monte Ida la culla di Zeus era appesa ai rami di un salice e la sua nutrice era Itea, nome greco del Salice.

Presente nella Bibbia, viene menzionato da Isaia:

“Poiché io farò scorrere acqua sulla steppa,

torrenti su un terreno arido.

Spanderò il mio spirito sulla tua discendenza,

la mia benedizione sui tuoi posteri,

cresceranno come erba in mezzo all’acqua,

come salici lungo acque correnti”.

Il Salice in Italia

Salix Babylonica

Le specie spontanee più comuni sono: Salice fragile (Salix Fragilis), Salice grigio (Salix cinerea), e Salice Bianco (Salix alba).

La specie esotiche che si sono acclimatate in Italia sono: Salice Viminale (Salix Viminalis) e Salice Piangete (Salix babylonica).

Il Salice bianco è diffuso principalmente nelle zone di pianura, ma può spingersi fino ai 1200 m di altitudine.

Il portamento è da albero di terza grandezza, raggiunge i 20 m di altezza. Tronco dritto e ramificato fin dalla base. 

Corteccia di colore grigiastro, forma reticoli di scanalature.

I rami espansi, lunghi e ascendenti determinano una corona ampia.

Le foglie hanno margine seghettato, caduche, oblungo-lanceolate. La pagine superiore è verde, quella inferiore di colore bianco sericeo.

La fioritura avviene tra marzo e aprile, contemporaneamente alle foglie.

A sessi separati: quelli femminili raccolti in amenti verdi, quelli maschili sono gialli.

I frutti sono piccole capsule contenenti numerosi semi bruni e piumosi, utilizzano il vento per la loro dispersione.

Come l’Ontano, anche il Salice è un elemento tipico della vegetazione riparia.

Il legno del Salix alba non marcisce e per questo viene usato nel rimboschimento di zone paludose.

Curiosità

Salix Fragilis

Troviamo il Salice Bianco (Salix Bianco) come protagonista della ricerca scientifica “Produttività e valutazione economica del sistema agroforestale silvopastorale basato sul salice (Salix alba L.) nella valle del Kashmir” condotta dalla Facoltà di scienze forestali, Università di scienze e tecnologia agrarie Sher-e-Kashmir del Kashmir, Benhama, Ganderbal-191201 (J&K), India. 

Lo studio ha rivelato il comportamento differenziale di Salix alba per quanto riguarda i parametri di crescita (altezza, diametro e circonferenza) delle diverse consociazioni e delle varie consociazioni foraggere rispetto alla resa, alla biomassa fuori terra, alla produzione di sostanza secca e allo stato dei nutrienti del suolo (pH, carbonio organico, azoto disponibile, fosforo e potassio). 

È stato scritto molto sull’utilizzo di steli/ramoscelli di salice per aiutare a radicare talee da altre piante. Il Salice contiene sia acido salicilico che ricco di auxina. Secondo quanto riferito, l’acido salicilico previene la crescita dei patogeni, il che significa che impedirà ai funghi e ad altri microrganismi di attaccare il taglio. Le auxine sono una famiglia di ormoni vegetali che stimolano la crescita. 

Si può quindi ottenere un efficace radicante naturale.

La varietà Salix Fragilis deve il suo nome ai rami ascendenti e sottili che tendono a rompersi facilmente.

Come abbiamo già detto, crescendo facilmente presso i corsi d’acqua, questa specie affida alla corrente, i rami che si spezzano, dai quali nasceranno nuovi alberi una volta raggiunte le sponde.

Il Salice Fragile ma longevo, può raggiungere i 1000 anni di età.

Dalla varietà Salix viminalis si ottengono i “vimini” per la produzione dei caratteristici panieri della civiltà contadina.

Pianta utilizzata anche per il Fitorisanamento

Il Salix viminalis è un noto iperaccumulatore di cadmio, cromo, piombo, mercurio, idrocarburi del petrolio, solventi organici, MTBE, TCE e sottoprodotti, selenio, argento, uranio e zinco, e ferrocianuro di potassio.

Il The Guardian ha dedicato un reportage fotografico per raccontare attraverso le immagini le varie fasi della lavorazione dei “vimini” per la produzione dei tradizionali cesti.

Proprietà del Salice

Salix Alba

La corteccia e le foglie del salice vengono menzionati in antichi testi medici egizi del II millennio a.C. 

Ippocrate ne descrisse nel V secolo a.C. le proprietà antidolorifiche e antinfiammatorie.

L’utilizzo di corteccia e foglia è presente nella medicina popolare medievale in Europa. Poco documentata, tra gli Indiani d’America e il gruppo etnico dell’Africa sudoocidentale gli Ottentotti (Khoi letteralmente “veri uomini”)

Dioscoride e la Scuola di medicina salernitana attribuivano al Salice proprietà antiafrodisiache.

Edward Stone nel 1763  studiando le proprietà antimalariche della corteccia, riuscì a dimostrare inequivocabilmente le proprietà antifebbrili della corteccia di Salice.

Il principio attivo dell’estratto di corteccia del salice bianco (Salix alba), chiamato salicina, fu isolata in cristalli nel 1828 da Johann A. Buchner e in seguito da Henri Leroux e da Raffaele Piria, un chimico calabrese emigrato a Parigi, che diede al composto il nome attuale (acide salicylique).

Nel 1897 Felix Hoffmann, seguendo l’idea del suo superiore Arthur Eichengrün, entrambi chimici impiegati presso la Friedrich Bayer & Co. esterificò il gruppo fenolico (-OH) dell’acido salicilico con un gruppo acetile utilizzando anidride acetica. Ottenne così l’acido acetil-salicilico e acido acetico come sottoprodotto.

L’acido acetilsalicilico o ASA comunemente noto con il nome commerciale di Aspirina.

Forest Medicine and Forest Therapy 

Salice piangente

Attraverso le pratiche di Shinrin-Yoku o ‘Bagni di Bosco’, di cui è promotrice l’Associazione Italiana di Medicina Forestale ( A.I.Me.F.), quando camminiamo nel bosco, attraverso l’aria gli alberi ci permettono di respirare queste minuscole molecole volatili, che hanno effetti benefici sia sul nostro corpo che sulle nostre emozioni. Queste molecole sono chiamate B-VOC (Biogenic Volatile Organic Compounds). 

Non servirà isolare il principio attivo contenuto in una parte della pianta per avere un potere terapeutico, poiché le azioni benefiche innescate dalla combinazione naturale dei terpeni aumentano il potenziale terapeutico complessivo. Respirando direttamente i B-VOC nel Bosco, si rafforza in modo olistico l’”effetto entourage” del fitocomplesso di tutta la pianta. 

Proprio come il Succo d’Arancia fresco è molto più sano di una Pillola di Vitamina C! 

Vuoi approfondire i temi dello Shinrin-Yoku e della Neurobiologia Vegetale ? 

La Medicina Forestale si occupa proprio di questo… e non solo ! 

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La Pelle : 3 strati per abitare un organo

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La pelle. Pensi di conosce realmente questo organo?

Troppo spesso la pelle è un argomento di studio poco approfondito, ma fondamentale per la preparazione di un massaggiatore professionista.

L’apparato tegumentario e la sua trattazione, tra struttura e funzioni, ha lo scopo di suggerire uno studio completo riguardo la struttura del corpo.

Per il massaggiatore, la pelle è uno strumento di contatto, ma anche il mezzo per conoscere il paziente.

pelle

La Pelle, una struttura speciale

Mentre lavoriamo, siamo chiamati ad esplorare le strutture responsabili del movimento, ma dobbiamo tener conto anche di tutte le strutture contenute all’interno del nostro corpo, che proteggono, nutrono, e supportano la funzione delle ossa, dei muscoli, dei tendini e dei legamenti.

Tra queste strutture troviamo la pelle, che insieme al tessuto fasciale, contiene vasi sanguigni e linfatici e anche i nervi. La pelle è un organo che contribuisce alla salute e al benessere di tutto l’organismo.

E’ quel tipo di tessuto del corpo umano, composto da un gruppo di cellule simili che condividono una stessa funzione. L’insieme dei tessuti stratificati diversi tra loro, ma in collaborazione, la rendono un organo speciale. E’ una singola unità dell’organismo a cui sono affidati diversi compiti.

La pelle, tuttavia, è composta per il 70% da acqua e per la restante parte da proteine, grassi, minerali e altre sostanze. E’ composta principalmente da sebo e ha un pH acido.

La pelle e le sue funzioni

La pelle, insieme agli annessi cutanei, quali le unghie, i peli e le ghiandole (sudoripare e sebacee), diventa un apparato dalle specifiche e fondamentali funzioni anatomiche e fisiologiche.

  • rivestimento: la pelle è una struttura continua che riveste tutto il corpo come un manto ed è l’organo più esteso del corpo.
  • protezione: la pelle ripara gli organi e i visceri sottostanti contro il contatto con agenti esterni, dalle radiazioni, da sostanze irritanti e corrosive, da urti e da eventi traumatici.
  • termoregolazione: la pelle aiuta a regolare l’omeostasi a partire da meccanismi autonomi contro il caldo e il freddo, secernendo prodotti di scarto o idrolipidici e attraverso la vasodilatazione e la vasocostrizione.
  • sintesi di vitamine: la pelle, attraverso l’esposizione ai raggi solari, assorbe i raggi ultravioletti, utili per la formazione di vitamina D.
  • immunologica: la pelle costituisce una barriera contro batteri e virus, combattendone l’azione patogena, grazie ai linfociti T e alla presenza delle cellule di Langerhans.
  • drenante e depurativa: la pelle libera il sangue dalle sostanze tossiche, grazie all’azione delle ghiandole. Le ghiandole sudoripare producendo il sudore, regolano la temperatura ma anche l’equilibrio idrosalino. Le ghiandole sebacee, producendo sebo, fungono da emolliente, idrante e lubrificante.
  • respirazione: la pelle seppur in modo limitato, coadiuva il polmone nel suo lavoro di scambio dei gas tra aria e sangue.
  • sensoriale: la pelle ci aiuta ad interagire con l’ambiente esterno attraverso un complicato sistema di corpuscoli sensitivi ( corpuscoli di Merkel ). E’ quindi sede del senso del tatto e delle sensazioni dolorifiche.

La pelle e i 3 strati che la compongono

La pelle è composta da 3 strati principali sovrapposti tra loro.

Lo strato più superficiale e sottile è l’epidermide, seguito da uno strato più profondo e spesso, chiamato derma. Il terzo strato è l’ipoderma o tessuto sottocutaneo, che posto sotto il derma è formato da tessuto adiposo.

1-L’Epidermide: è lo strato più esterno della pelle ed è composta da tessuto epiteliale.

Contiene diversi strati sottili di cellule, i cheratinociti, che producono la proteina protettiva, cheratina, e un pigmento chiamato melanina che da colore alla nostra carnagione.

I diversi strati di cellule si sfaldano in continuazione e vengono continuamente sostituite da cellule nuove, generate e provenienti dagli strati sottostanti.

Dalla superficie esterna dell’epidermide fino in profondità, troviamo lo strato corneo ( cellule lamellari morte cheratinizzate), lo strato lucido ( ricco di eleidina ), lo strato granuloso ( dove inizia il processo di cheratinizzazione ), lo strato spinoso ( dove le cellule sono collegate da ponti fibrosi tra loro), lo strato basale ( cellule staminali in continua attività riproduttiva che riforniscono gli strati più superficiali).

2-Il Derma: si trova sotto l’epidermide ed è costituito da tessuto connettivo denso, ricco di fibre collagene ed elastiche.

Contiene i follicoli dei peli, le ghiandole sudoripare e sebacee, vasi, nervi e piccoli muscoli ( i pilo-erettori che per l’azione del freddo o dallo spavento, per esempio, producono “la pelle d’oca”).

3-L’Ipoderma: si trova sotto il derma ed è costituito da tessuto connettivo lasso.

Contiene principalmente cellule adipose che ammortizzano e proteggono le strutture sottostanti da compressioni eccessive .

Ha anche una funzione di riserva energetica e una funzione termica contro il freddo. E’ chiamato anche Fascia superficiale.

La pelle, una struttura anatomica di facile palpazione

La pelle, essendo un tessuto superficiale, è molto facile da palpare, anche perchè si adatta alla sua sede, alla sua funzione e all’ambiente.

Durante la palpazione è bene fare attenzione alla temperatura, alla cedevolezza , al colore e alla trama della pelle.

La pelle è liscia o ruvida? Presenta pieghe, ispessimenti, rigonfiamenti o calli? E’ umida o secca? Che colore ha? E’ omogenea ?

La pelle si può palpare con la punta delle dita o con tutto il palmo della mano, con movimenti circolari, longitudinali o trasversali. E’ utile far scorrere i tessuti uno sull’altro, muovendo un articolazione o facendo contrarre un muscolo, imprimendo dolcemente una pressione sempre più profonda, per giungere agli strati più interni.

La pelle cambia e si modifica con la palpazione? Quali proprietà mantiene? E’ densa o elastica?

Palpare la pelle, quindi, significa esplorare e conoscere toccando. E’ un arte che prevede l’individuazione di una struttura, il riconoscimento delle sue caratteristiche e la valutazione delle sue qualità e condizioni, per decidere quale massaggio è più adatto al cliente.

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Bibliografia:

Christy Cael.”Anatomia Funzionale”. Piccin 2014

Andrew Biel. “Guida ai sentieri del corpo”. Edi-ermes 2011

Appunti personali

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