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Il reflusso gastroesofageo e l’osteopatia

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La malattia da reflusso gastroesofageo consiste nella risalita di cibo, liquidi e succhi gastrici dallo stomaco all’esofago. L’esofago presenta una mucosa differente da quella dello stomaco e pertanto non è adatto a contenere sostanze fortemente acide, questo provoca irritazione, bruciore allo stomaco e allo sterno. 

Il GERD (malattia da reflusso gastro esofageo) è maggiormente frequente in occidente, e si stima che in media sia presente come condizione cronica in circa il 20/25% della popolazione mondiale.

Reflusso gastroesofageo

Breve cenno di anatomia e fisiologia

L’esofago è un tubo fibromuscolare che si estende dalla bocca fino allo stomaco.

Alla sua estremità inferiore troviamo il cardias, una valvola che permette l’ingresso del cibo ma evita la risalita dei succhi prodotti dallo stomaco (fortemente acidi).

Nella porzione inferiore dello stomaco troviamo il piloro, un’altra valvola che congiunge lo stomaco al duodeno, il primo tratto dell’intestino.

La parete dello stomaco è rivestita da un epitelio capace di sopportare un ambiente fortemente acido, cosa che invece non è presente all’interno dell’esofago, motivo per cui, si ha la sensazione di bruciore nel reflusso.

Sintomi associati al reflusso

Associati ai comuni sintomi il GERD può provocare tosse cronica, mal di gola, voce roca, eruttazioni, singhiozzo, alito cattivo. 

Inoltre creando tensione all’esofago si può instaurare una condizione di limitazione di movimenti del tratto cervicale e dolore allo stesso.

Sintomi meno comuni ma comunque possibili sono l’insorgenza di otiti, di cefalee, di broncospasmo e eventuali danni ai denti causati dall’acidità del contenuto gastrico.

Associati ai comuni sintomi il GERD può provocare tosse cronica, mal di gola, voce roca, eruttazioni, singhiozzo, alito cattivo. 

Inoltre creando tensione all’esofago si può instaurare una condizione di limitazione di movimenti del tratto cervicale e dolore allo stesso.

Sintomi meno comuni ma comunque possibili sono l’insorgenza di otiti, di cefalee, di broncospasmo e eventuali danni ai denti causati dall’acidità del contenuto gastrico.

Le terapie comuni per il reflusso

La diagnosi accurata e a carico del gastroenterologo, che provvederà per una terapia specifica

La terapia principale e più immediata è intervenire sul proprio stile di vita, effettuare cambiamenti nella dieta, diminuire il peso corporeo ed eliminare il fumo sono i primi passi, come suggerito dall’ALMA onlus.

Il paziente deve sapere che è importante evitare caffè, cibi grassi o piccanti, alcool, pomodori, agrumi. I pasti devono avere porzioni più ridotte e non devono essere consumati immediatamente prima di andare a dormire.

I pazienti affetti da GERD trovano beneficio a dormire con la testa sollevata, in modo da agire tramite la gravità sulla risalita dei succhi gastrici.

Perchè funzionano i farmaci

I farmaci comunemente usati, gli IPP, agiscono sulle cellule parietali gastriche che producono acido cloridrico in modo da creare un effetto di protezione della mucosa gastrica. La loro azione può durare dalle 18 alle 24 ore, e spesso sono associati all’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei.

Gli effetti indesiderati dei farmaci

I farmaci IPP sono generalmente sicuri, ma come ogni altro farmaco può presentare effetti indesiderati soprattutto in caso di uso prolungato.

Gli effetti collaterali nel breve termine includono
– Cefalea
– Diarrea
– Rush cutaneo
– Reazioni anafilattiche

Nel lungo termine gli IPP possono causare effetti più severi, come la carenza da mal assorbimento di vitamina B12, magnesio e calcio. Inoltre alterando il PH interno allo stomaco possono rendere un terreno di facile sviluppo di batteri intestinali (Helicobacter Pylori Clostridium Difficile)

L’approccio osteopatico al reflusso gastroesofageo

L’osteopata può essere un valido alleato nella gestione dei sintomi del GERD.

Tramite l’applicazione di tecniche manipolative dolci e non invasive, l’osteopata può fornire al paziente il giusto supporto necessario per migliorare la qualità della vita.

Oltre ad una attenta analisi del percorso gastro esofageo il vostro osteopata farà caso a tutto ciò che può essere un fattore negativo per l’instaurarsi della condizione patologica:

  • Postura
  • Problematiche intestinali
  • Disfunzioni cervicali
  • Disfunzioni dorsali
  • Errata respirazione.

L’osteopata non lavora mai per protocolli, ma applica un piano terapeutico specifico per ogni singola persona, tenendo in considerazione non solo la patologia ma anche molti altri fattori.

Perciò due persone affette dalla stessa condizione patologica riceveranno due trattamenti diversi in base alla problematica scatenante e al passato anamnestico.

Generalmente le ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone affette da GERD reagiscono positivamente a tecniche manipolative osteopatiche sul diaframma, sullo sfintere gastro esofageo (la valvola di giunzione tra stomaco ed esofago), sul tratto cervicale e sulla gabbia toracica.

I benefici sono presenti già dal primo trattamento, ma si è visto che con 3-4 visite osteopatiche i benefici erano molto più evidenti e più stabili.

Le controindicazioni dell’osteopatia

Il fattore più importante di valutare un approccio osteopatico è l’assenza di controindicazioni, a patto di affidarsi ad un osteopata esperto permette al paziente di stare tranquillo riguardo eventuali problematiche scaturite dalle manipolazioni.

Gli studi scientifici effettuati non documentano in nessun caso un peggioramento sintomatologico, tuttavia sono presenti casi in cui la situazione è rimasta totalmente invariata.

Quindi cosa fare se si soffre di reflusso?

Se sono presenti i sintomi del reflusso gastroesofageo, la prima cosa da fare è una visita dal gastroenterologo per capire se ci sono dei deficit strutturali di stomaco ed esofago (cardias ipocontinente, ernia iatale).

In seconda istanza è importante cambiare stile di vita e potrebbe essere utile apprendere come alimentarsi meglio tramite una visita dal nutrizionista.
Il nutrizionista non toglie da mangiare, ma insegna a mangiare meglio!

Infine rivolgersi ad un osteopata, che provvederà a ridurre al minimo le risposte irritative e infiammatorie.

Per imparare ad essere un osteopata di successo, segui il percorso EDUCAM:

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L’età avanzata e l’osteopatia geriatrica

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L’osteopatia è per tutte le età è una frase di grande valore.
Non dobbiamo pensare che l’età possa essere un limite ai vantaggi di un trattamento osteopatico. Infatti l’osteopata può essere d’aiuto a genitori, nonni e zii in età avanzata, migliorando la qualità di vita.

Dal neonato, all’anziano tutti possono avvalersi di un osteopata visto che non presenta effetti controindicati, sempre se tutto è svolto da professionisti ben formati.

Ma quando si diventa anziani?

Anziano è un termine di largo uso comune, ma che difficilmente ha una temporizzazione precisa, viene in nostro aiuto la “Società Italiana Geriatria e Gerontologia (SIGG)”.

Fino a pochi anni fa, era definito anziano una persona la cui età era superiore ai 65 anni, con l’aumento della vita media però sorge un concetto di anzianità più dinamico.

Gli individui che al giorno d’oggi hanno un età pari ai 65 anni, presentano una forma fisica e cognitiva maggiore rispetto ai loro genitori nella stessa età.

Pertanto ad oggi si utilizza la suddivisione in 4 sottogruppi, “giovani anziani” (persone tra i 64 e i 74 anni), anziani (75 – 84 anni), “grandi vecchi” (85 – 99 anni) e centenari.

Chi è lo specialista medico nell’età avanzata?

Il medico che si occupa delle fasce di età più avanzate è il geriatra (dal greco geron, cioè ” anziano” e iatreia, ossia “cura”). Il medico laureato ha bisogno di un iter formativo aggiuntivo in geriatria e gerontologia al fine di poter disporre di metodiche valutative e diagnostiche differenti e personalizzate.

L’obiettivo di un bravo geriatra non è portare il paziente all’uso di molteplici tipi di farmaci ma piuttosto migliorare la qualità di vita del proprio assistito.

Infatti la collaborazione tra medico e osteopata quando il paziente è in età avanzata è fondamentale per gestire al meglio le sintomatologie riferite e aumentare l’efficacia terapeutica.

La geriatria

Secondo l’enciclopedia Treccani

“Scienza che ha per oggetto lo studio dei fenomeni biologici peculiari della senescenza e della senilità (modificazioni anatomiche, funzionali, immunologiche, psicologiche, ecc.): costituisce, quindi, la base dottrinale della geriatria, che rivolge invece la sua attenzione essenzialmente alle patologie dell’età senile.”

Quali sono le problematiche più comuni in età avanzata?

I pazienti nel gruppo di età più avanzata tendono ad avere un aumento dei problemi di salute, del dolore cronico e dei disturbi dell’andatura e dell’equilibrio. 

Indubbiamente i geriatri si trovano a fronteggiare numerose situazioni patologiche, per le quali hanno necessità di intervenire a livello farmacologico, quando però con l’avanzare dell’età le problematiche si sommano comincia ad essere complicato far interagire farmaci differenti presi nel corso della giornata
Subentra quindi la problematica della polifarmacologia (o politerapia) ossia l’assunzione di numerosi farmaci nell’arco di 24 ore, esponendo le persone anziane al rischio di effetti avversi dei farmaci.
Escludendo le situazioni patologiche, le condizioni di dolore cronico muscoloscheletrico sono frequenti e possono portare a  disabilità (Chou et al., 2003).

Perché è importante intervenire con l’osteopatia?

È proprio per limitare l’uso di farmaci alle condizioni patologiche più importanti che l’osteopatia diventa un arma appropriata. Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT) ha dimostrato di ridurre l’uso di farmaci nei pazienti, specialmente in quelli con dolore lombare (Andersson et al.,1999 Licciardone et al., 2003) e polmonite. (Noll 1999, 2010).

Ovviamente le tecniche scelte dall’osteopata saranno orientate al massimo beneficio con il minimo rischio. Infatti Channell et al. (2016) fanno notare come sopra ai 65 anni è difficile che si opti verso tecniche HVLA ossia le famose manipolazioni con scroscio articolare.

Non dobbiamo dimenticare l’aspetto psicologico e umano, uno dei caratteri fondamentali dell’osteopata è entrare in empatia con il paziente. Questo è ancora più importante negli anziani, che spesso non vengono adeguatamente stimolati a livello di contatto umano, sentendosi emarginati e distanti.

Capita frequentemente che sia proprio il paziente anziano a richiedere costanza nei trattamenti, quell’ora di attenzione risulta importantissima e necessaria.

Un vero professionista osteopata sa bene come adattarsi al paziente, sa come modellare le sue tecniche in modo da risultare non invasivo ma comunque efficace.

Diventa un osteopata esperto nell’età avanzata

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Come diventare osteopata

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Normative, leggi, disegni di legge e quant’altro, si parla di osteopatia sanitaria, di istituzione di corsi di laurea, ma ad oggi come si fa a diventare osteopata?

Breve introduzione all’osteopatia

L’osteopatia è stata sviluppata da Andrew Taylor Still, un medico chirurgo degli Stati Uniti d’America, che ha costituito la prima scuola nel 1982.

L’osteopatia è una terapia manuale di “diagnosi e trattamento”, rispettala relazione tra corpo mente e spirito, stimolando la capacità intrinseca dell’organismo di auto-guarire.

L’osteopata utilizza un’ampia varietà di tecniche manuali, per migliorare le funzioni fisiologiche a supporto dell’omeostasi, alterata dalle disfunzioni somatiche.

Non dobbiamo pensare solo ad ossa e articolazioni, l’osteopata si prende cura anche di: 
strutture miofasciali, strutture vascolari, neurologiche, linfatiche e viscerali.

Concetto fondamentale dell’osteopatia, come ogni approccio olistico, è che la terapia è paziente-centrica, e che ogni essere umano è unico, una unità funzionale dinamica, in cui tutte le parte sono correlate tra loro.

La formazione per diventare osteopata

Attualmente la formazione in osteopatia è a carico di istituti privati;
che seguendo le direttive dettate dall’OMS provvedono a formare professionisti nel pieno delle competenze e abilità. (qui il testo completo)

Il corso, quinquennale, permette allo studente di apprendere le scienze di base, la filosofia osteopatica, i test e le tecniche adatti.

Prima di iniziare la parte pratica, sezione fondamentale del percorso, è importante sapere esattamente anatomia e fisiologia del distretto analizzato.

Ogni manipolazione dovrà rispettare parametri esatti, adattati all’utente.

Un bravo professionista osteopata deve saper riconoscere bandiere gialle e rosse, cioè, conoscere patologie del segmento analizzato e saperle riconoscere.
L’obiettivo è poter agire in totale sicurezza per l’utente e in caso poter provvedere alla collaborazione di specialisti specifici.

Chi può accedere alla formazione in osteopatia?

L’unico parametro fondamentale per accedere alla formazione e diventare osteopata è il diploma di scuola media superiore;
pertanto non è richiesto nessun pregresso e nessuna laurea specifica.

Ovviamente ci sarà una differenziazione di monte ore, di esami e di frequentazione tra gli studenti senza pregresso sanitario e con pregresso sanitario.

L’OMS suddivide gli studenti in:

Type 1: diplomati alle scuole medie superiori, laureati in altre discipline non sanitarie

Type 2: laureati in discipline sanitarie.

I laureati in scienze motorie saranno incluso nel Type 1 anche se presenterà esoneri e un monte ore lievemente inferiore ai colleghi non laureati.

Il tirocinio – parte centrale del percorso

Diventare osteopata vuol dire seguire un percorso dove la pratica fa da regina, perciò il tirocinio è una parte che prende un’importanza fondamentale.

Il percorso formativo di un istituto di qualità prevede un monte ore di tirocinio a seconda della categorizzazione (Type 1 – Type 2) .
I discenti sono tenuti a partecipare attivamente, sia che si tratti di pratica che di teoria.

Il tutor è la figura di riferimento, gestirà studenti e attività al fine di garantire il massimo dell’apprendimento e della qualità.

Il tirocinio è una fonte di approfondimento e di dibattito su argomenti specifici trattati durante le lezioni frontali.

È  il momento in cui gli studenti, di ogni anno di appartenenza, possono mettere in pratica quanto appreso durante la lezione.

Per gli ultimi anni di corso, il tirocinio diventa clinico, in quanto viene svolta una visita completa, talvolta con utenti esterni al percorso formativo, il tutto seguiti da un osteopata esperto.

Fare la scelta giusta

Prima di scegliere dove studiare bisogna informarsi su come è strutturato il corso, la durata, la qualità dei docenti e la qualità dei titoli rilasciati. Informati ora

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L’osteopatia per tutte le età.

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L’immaginario comune, e anche quello web, associa facilmente l’osteopatia ad un trattamento forte, adatto solo a giovani e sportivi.

Mai cosa più sbagliata, l’osteopatia è veramente una pratica aperta a tutti. Ogni individuo per sesso, età e fisicità può avvalersi dei benefici del trattamento osteopatico.

I contro effetti di tale approccio sono veramente nulli, sempre ammesso che si vada da un esperto osteopata, e questo la rende fruibile in ogni occasione.

corso di osteopatia educam

L’età neonatale e pediatrica – l’utilità osteopatica

Iniziamo con le prime fasi di vita, parecchi osteopati formati indirizzano il completamento dei loro studi e ricerca nell’ambito neonatale.

Basti pensare che all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze dal 2009, l’osteopata Tommaso Ferrioni collabora nel reparto di Neurochirurgia.

Proprio nell’ospedale sopracitato è aperto il corso triennale di specializzazione in osteopatia pediatrica.

Sempre più numerosi genitori ricorrono a specifici trattamenti osteopatici per ridurre ed eliminare fastidiose condizioni nel proprio figlio.

L’osteopata pediatrico può intervenire in maniera dolce e delicata per risolvere numerose situazioni, i disturbi più comuni sono:

  • Problemi durante il nutrimento e la suzione
  • Coliche frequenti 
  • Disturbi del sonno
  • Otiti
  • ecc..

Insomma i nostri piccoli potranno avvalersi delle abilità osteopatiche per risolvere alla radice scomodissimi fastidi, sfruttando in totalità il potenziale di crescita.

Il trattamento nell’ambito sportivo

Lo sport è forse stato il primo ambito dove l’osteopata ha avuto terreno fertile per iniziare la scalata nell’immaginario comune. 

Ogni squadra di calcio ne ha uno, anche nelle serie minori, fino ad arrivare all’eccellenza. 
Una squadra che tiene al rendimento e alla cura dei propri atleti non rinuncia alla presenza di un osteopata nel team.

Lampante esempio è il nostro Walter Martinelli , che segue la società A.S. Roma e la Nazionale italiana di calcio, fornendo allo staff medico una visione in più nella prevenzione e nel recupero della condizione fisica e mentale degli atleti.

Ovviamente il calcio non è l’unico sport che si avvale della terapia manipolativa osteopatica, ne abbiamo esempi anche nel ciclismo, nel nuoto, nella scherma…

Insomma la dove lo sforzo fisico è richiesto, l’osteopata apporta il suo bagaglio tecnico-esperienziale a favore di un binomio vincente osteopata-atleta.

Osteopatia: Le manipolazioni dolci nella gravidanza

Dal concepimento alla nascita, sappiamo bene che è un periodo discretamente lungo, come sappiamo bene per esperienza diretta e indiretta che durante la gestazione sono numerosi i fastidi a cui la neomamma potrà andare incontro.

Può essere una nausea limitata ad una fase del tempo, o magari che viene espressa durante tutta la gravidanza.
Può sorgere una lombalgia nei mesi finali, difficoltà respiratoria dovuta dal posizionamento sottodiaframmatico del feto, reflusso, costipazione ecc..

Insomma le condizioni della neomamma possono essere davvero insidiose e noiose, andando indubbiamente ad intaccare la condizione psicologica.

Così come abbiamo una chiara idea dei fastidi presenti nel periodo gestazionale, altrettanto abbiamo chiarezza delle controindicazioni farmacologiche, sempre ammesso che esista una soluzione allopatica ai problemi sopraelencati.

L’osteopata può:

  • sfruttare tutto il corollario delle sue manipolazioni delicate al fine di migliorare le condizioni posizionali del feto, fornendogli tutto lo spazio necessario, senza fastidiose tensioni muscolo-viscerali;
  • permettere alla neomamma di “scrollarsi di dosso” tutto lo stress accessorio dettato dalle problematiche decisamente non desiderate;
  • migliorare la mobilità del bacino, sacro e coccige, della gestante, preparando quindi le strutture al momento della nascita, al fine di non consentire disturbi post nascita.

Anche nel periodo post nascita a volte è importante tornare dal proprio osteopata per tornare ad una condizione più neutrale possibile nel minor tempo.

Osteopatia nell’età geriatrica

L’età avanzata non deve preoccuparci affatto, l’utente geriatrico è anche lui adatto alla terapia manipolativa osteopatica.

Anzi forse è l’ambito dove è ancora più importante creare un’immagine della terapia manipolativa osteopatica più radicata.
L’aspetto piscologico, emotivo, fisico dell’anziano è importante esattamente come in ogni fascia di età, oserei anche di più (n.d.r.)

Talvolta troviamo utenti con importanti limitazioni fisiche o fisiologiche, e ciò indubbiamente influisce negativamente su tutto quello che è il concetto di benessere e salute.

Il carico farmacologico a volte è talmente alto, per varie situazioni pregresse, che il medico non può inserire nuovi farmaci per evitare il sovraccarico o interazioni tra le varie molecole. 

In questo modo, quella fastidiosa lombalgia, quella cervicalgia che ormai ha una storia sua, restano rilegate in secondo piano, restando però una fonte inesauribile di malessere psico-fisico nell’anziano.

Lì è proprio dove opera il “nostro” osteopata esperto, detendere la dove c’è tensione e stimolare lì dove serve supporto muscolare, fornendo al proprio utente geriatrico esperienza, capacità e quella sensazione di presa in cura, elementi vincenti del trattamento.

Per essere un ottimo professionista, la cosa più importante è la formazione, questo aiuterà ad essere sempre pronto ad affrontare ogni situazione con il massimo delle proprie capacità.

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La sciatalgia

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Probabilmente sei arrivato a leggere questo articolo perché hai un dolore sulla gamba, e qualcuno ti ha “diagnosticato” una sciatalgia. Giustamente vuoi capirne di più, vediamo di fare chiarezza.

La sciatalgia – definizione

Intanto sciatalgia è la fusione di “sciatico” (il nervo) e “algia” (dolore), si può usare in sostituzione del termine “sciatica”

Come il nome suggerisce non siamo davanti a una vera e propria diagnosi, è invece un modo più dotto per dire “ho dolore nella parte posteriore della gamba”.

La sciatalgia non essendo una patologia ma un sintomo, abbraccia più cause scatenanti, intanto vediamo di capire chi sono gli attori principali della sciatalgia.

La sciatalgia – il nervo sciatico

Il nervo sciatico (o ischiatico) è un nervo periferico, che origina dalla porzione lombo-sacrale della colonna, la parte bassa della schiena per intenderci.

È il nervo più voluminoso all’interno del corpo umano, e il suo territorio di innervazione va dal gluteo fino al piede.

Lo sciatico è un nervo misto, ossia:

  • invierà informazioni per controllare i muscoli (funzione motoria);
  • riceverà stimoli dalla cute (funzione sensitiva) dove riceverà informazioni sul dolore e sulla temperatura.

Tramite il suo lavoro possiamo:

  • contrarre i muscoli posteriori della coscia (semitendinoso, semimembranoso e bicipite femorale);
  • contrarre i muscoli della gamba (gastrocnemio, soleo, plantare, popliteo e i vari muscoli intrinseci ed estrinseci del piede).

La sciatalgia – il decorso del nervo sciatico

Durante il suo tragitto, lo sciatico attraverserà varie stazioni dove spesso possiamo trovare punti di irritazione per il nervo stesso.

Ad esempio:

  • Attraverserà il grande forame ischiatico per proiettarsi nella parte posteriore della coscia
  • Raggiungerà il ginocchio passando tra grande adduttore e bicipite femorale
  • Al livello del ginocchio si dividerà in due branche il nervo tibiale e il nervo peroniero comune
  • Il nervo tibiale tramite le sue diramazioni percorrerà la parte posteriore della gamba fino a raggiungere la pianta del piede
  • Il nervo peroniero si sdoppierà (in profondo e superficiale) e raggiungerà le porzioni anteriori e laterali della gamba fino a raggiungere il dorso del piede.

La sciatalgia – i sintomi dell’irritazione nervosa

La sciatalgia presenta sintomi vari, essendo come già detto una problematica dalle più varie nature.

I sintomi più comuni dell’irritazione nervosa sono localizzate tendenzialmente su un arto solamente nelle aree di passaggio del nervo sciatico, ossia posteriormente dal gluteo al piede

  • Formicolio lungo il decorso del nervo sciatico 
  • Formicolio 
  • Intorpidimento 
  • Mancanza di sensibilità
  • Diminuzione della forza
  • Zoppia più o meno marcata

La sciatalgia – le cause più comuni

La sciatalgia deriva come abbiamo già detto dalla compressione delle radici nervose, che può avvenire a livello vertebrale, oppure più in periferia.

Le cause di compressione che incontriamo più comunemente sono

  • Ernia del disco
  • Protrusione discale
  • Discopatie degenerative
  • Riduzione (stenosi) del canale vertebrale
  • Compressioni a carico della muscolatura (più comunemente muscolo piriforme, ma anche tanti altri) vedi sindrome del portafogli
  • Spondilolistesi 

Ma ci sono in realtà svariate cause che possono variare da persona a persona, il consulto professionale è la soluzione più adatta.

La sciatalgia – cosa fare

Evitare quantomeno il fai da te, ma prendere in considerazione strade terapeutiche in base all’entità del dolore e dei limiti di mobilità.

Cosa importante è far presente al proprio medico curante la situazione, il quale provvederà con l’iter specifico per arrivare ad una diagnosi e relativa soluzione. 

Si potrà procedere con una pratica chirurgica, o conservativa.

Nel caso della terapia conservativa un’arma particolarmente efficace è rivolgersi ad un osteopata professionista, è importante affidarsi, come sempre, alle mani di un esperto del settore.

Sarà fondamentale per il vostro osteopata avere chiarezza della causa scatenante, al fine di procedere con gli interventi manipolativi adeguati in totale sicurezza. (vedi le 6 fasi della visita osteopatica)

Per questo motivo è sempre più comune trovare team composti da medici e osteopati, con l’obiettivo di collaborare per la salute del paziente, trovando le soluzioni nel minor tempo possibile.

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Le 6 fasi di un trattamento osteopatico

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Hai deciso di intraprendere un percorso di formazione in osteopatia e sei curioso di sapere come funziona un trattamento osteopatico?

O magari vuoi avvalerti delle metodiche dell’osteopata ma non sai come si svolgerà la seduta e non sai cosa aspettarti?

Bene, vediamo come si compone una visita da un vero professionista in osteopatia.

Fase 1 – Accoglienza

Anche se non salta molto all’occhio, l’accoglienza dell’utente è una fase fondamentale, lo studio deve diventare un ambiente piacevole, privato dove si possono abbassare le difese.

Un  ottimo osteopata (ma un qualunque bravo professionista) accoglie alla porta dello studio e fa accedere fino ad arrivare ad una poltrona dove partirà la prima vera e propria fase.

Evitare l’aspetto del professionista distaccato e sapiente a volte è l’arma vincente, e cercare di entrare in contatto con l’utente in maniera professionale ma comunque accogliente ed empatica sarà la chiave del successo in termini di relazione.

Fase 2 – L’Anamnesi prima del trattamento osteopatico

Per definizione “Treccani” : “Storia clinica di un infermo, raccolta dal medico direttamente o indirettamente come elemento fondamentale per la formulazione della diagnosi;” 

Anche in questa fase è importante entrare a contatto con le persone, magari trovando dei punti comuni, in modo da rimuovere eventuali barriere, mostrandosi empatici.
Ovviamente l’osteopata non deve perdere mai il ruolo, ci deve essere pur sempre un rapporto lavorativo-professionale.

Tramite la raccolta dei dati clinici dell’utente è possibile risalire ad eventuali situazioni patologiche che prevedano prima l’intervento di un medico specialista, e poi eventualmente un intervento osteopatico.

Capita spesso che l’osteopata venga preso (erroneamente) come una figura di primo contatto, e si trovi quindi a dover fronteggiare situazioni patologiche che necessitano indagini approfondite.
Pertanto provvederà al rinvio al medico competente.

Fase 3 – Elegibilità al trattamento osteopatico

Al fine di preservare la salute dell’utente il bravo professionista dovrà tener conto di tutti i parametri vitali, e delle eventuali cause patologiche del motivo della visita, scongiurando quindi rischi al trattamento. 

Una volta conclusa questa fase valutativa l’osteopata potrà proseguire con la sua manipolazione 

Fase 4 – valutazione osteopatica

Tramite i dati appresi in anamnesi, l’atteggiamento dell’utente, la sua postura e vari altri fattori, 
l’osteopata procederà con la sua valutazione manuale, ricca di test, tutti orientati alla ricerca del miglior status di salute. 

Una volta compresa la situazione, si procederà con il trattamento

Fase 5 – il trattamento osteopatico

Il trattamento dell’osteopata è troppo spesso associato a tecniche con il fatidico scrocchio, o in gergo HVLA (High Velocity Low Amplitude) ma non è assolutamente l’unica metodica di manipolazione.

Un numero considerevole di persone hanno timore riguardo questo tipo di manipolazione, è bene quindi rassicurare che non è il solo metodo di intervento, e che comunque non presenta rischi trovandosi nelle mani di un professionista esperto. 

Se vuoi saperne di più rispetto alle conseguenze dello scrocchio ti consiglio di leggere questo articolo

Tra le varie metodiche manipolative nel bagaglio esperienziale dell’osteopata esistono anche approcci meno ad effetto, ma con risultati a volte superiori:

  • Manipolazioni viscerali
  • Approcci sul sistema fasciale, muscolare, tendineo
  • Tecniche in ambito cranio sacrale
  • Tecniche articolatorie, legamentose

Nessuna di queste tecniche presenta scroscio articolare, e solitamente l’utente è più disponibile a subire il trattamento.

Fase 6 (conclusiva) – il management

Il Management finale molto spesso è fondamentale per l’instaurazione di un rapporto operatore-utente adeguato. Si può tradurre come la consulenza conclusiva del trattamento.

È importante dare attenzione al tipo di lavoro che si è svolto in modo che sia comprensibile, alle motivazioni e al piano di intervento da intraprendere. L’utente deve uscire dallo studio consapevole di cosa ha ricevuto e di tutti i perché anatomo-fisiologici.

Va incitato l’utente a cambiare le azioni e lo stile di vita che ha portato a quella situazione disfunzionale e dolorifica magari indirizzandolo ad una figura competente.

Queste piccole attenzioni sono la più grande distinzione per un professionista di ogni settore ma acquisiscono sempre più valore quando si parla di un ambito benessere-sanitario.

Effettuare un trattamento che sia utente-centrico è la più grande differenza rispetto alla medicina allopatica che invece tiene conto della patologia. Instaurare un rapporto con l’utente è esattamente ciò che permette allo stesso di fidarsi, di tornare e di seguire ogni consiglio mirato alla risoluzione della problematica.

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Scrocchiare le articolazioni fa male?

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Falsi miti e realtà dietro lo scrocchio

Cosa è lo scrocchio?

Partiamo dal significato della parola scrocchiare,  nel vocabolario treccani troviamo come definizione “provocare un rumore simile al gracidare della rana”.
Lo possiamo associare a numerose azioni, ma a dircela tutta quello che nell’immaginario comune “scrocchia” sono le articolazioni.

Tutti abbiamo pensato un tempo, o tutt’ora pensiamo che lo scroscio articolare che sentiamo quando andiamo a forzare un’articolazione sia dovuto ad un contatto osso-osso, o cartilagine-cartilagine, con conseguenze quali artriti, artrosi, sublussazioni; ma analizziamo bene cosa succede.

Cosa produce il rumore dello scrocchio? Il significato della cavitazione

Il suono riprodotto quando allunghiamo, flettiamo o torciamo le articolazioni è dato dalla cavitazione, ossia un fenomeno consistente nella formazione di zone di gas all’interno di un fluido che implodendo producono un rumore caratteristico.

Le nostre articolazioni sono composte da due capi ossei rivestiti di cartilagine, uniti tra loro da una capsula articolare legamentosa.
all’interno della capsula articolare è presente il liquido sinoviale, un liquido viscoso che funge da protezione e da lubrificante per l’articolazione stessa.

All’interno del liquido sinoviale, vi sono disciolti gas, tra cui principalmente l’anidride carbonica.
Questi tendono ad organizzarsi sotto forma di bolle, al variare della pressione interna esercitata dalla tensione articolare, tali bolle esplodono, organizzandosi in micro bolle e producendo il caratteristico crack.

Immediatamente abbiamo una sensazione altamente piacevole, per poi essere sostituita dal dubbio: “farà male?”

Articoli e ricerche scientifiche a supporto

Nell’articolo “Effect of habitual knuckle cracking on hand function.” pubblicato nell’ “Annals of Rheumatic Diseases” vengono confrontati 300 casi di persone in assenza di patologie neuromuscolari o infiammatorie.
Solo una percentuale del gruppo di studio dichiarava l’abitudine di scrocchiarsi le dita.
I test clinici effettuati sulle articolazioni dell’intero campione, non hanno evidenziato alcun tipo di differenza tra i vari soggetti.

Inoltre, un medico californiano, Donal Unger ha prodotto una curiosa ricerca su se stesso, per 60 anni ha mantenuto l’abitudine di scrocchiare le dita solo di una mano, la sinistra, mentre la destra non ha subito lo stesso trattamento.  Lo studio, che non ha valore scientifico, ha dimostrato che scrocchiarsi le dita non aveva prodotto nessuna incidenza nella mano sinistra, pertanto è arrivato ad affermare che scrocchiarsi le dita non sviluppa artriti.

Scrocchiare il collo, causa gravi conseguenze?

Per quanto scenico e preoccupante da vedere, scrocchiare il collo non presenta grandi rischi.
Certamente l’errata esecuzione della manipolazione può portare a momentanei fastidi di origine legamentosa o muscolare.

Essendo un complesso articolare che presenta più strutture al suo interno è importante affidarsi ad un ottimo professionista, piuttosto che al fai da te, proprio per non incappare in fastidi o microtraumi. 

Ho paura dello scrocchio, ma voglio andare dall’osteopata

Partiamo dal presupposto che lo “scrocchio” è solo uno degli approcci di un professionista osteopata, non è quindi detto che all’interno di una seduta ci sarà necessità di procedere con questa manipolazione.

Tuttavia, prima di procedere ad una eventuale tecnica che preveda lo scroscio articolare, il professionista osteopata metterà al servizio dell’utente una valutazione completa di tutte le componenti osteo-articolari ma anche vascolari e viscerali, al fine di procedere in completa tranquillità e sicurezza.

La formazione di un osteopata – EDUCAM

Se sei affascinato dall’osteopatia ti interesserà sapere che il percorso per diventare osteopata Educam prevede 5 anni di studi, dove viene data importanza all’anatomia e alla fisiologia ancor prima delle diverse tecniche di intervento manipolative.
Come già detto un’ottimo professionista osteopata deve conoscere nel dettaglio ogni segmento corporeo prima di mettere mano e procedere con una manipolazione.

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